Lc 2 22-35
"Non era facile riconoscere il figlio di Dio sotto le sembianze di un povero bambino, ma Simeone non ebbe alcun problema. E così mi viene in mente quante volte, invece, per noi è un problema riconoscere la sua presenza. Quante volte ci lamentiamo dicendo che Dio è assente, che non ci ascolta, che non ci risponde. L'attesa che Dio si manifesti non può e non deve mai diventare motivo di dubbio o incertezza. Dio non ci lascia mai soli, neppure per un istante" (don Marco S). Quando ho riconosciuto la presenza di Dio nella mia vita? Mi rende felice riconoscere la presenza di Dio nella mia vita? Sono felice che Dio esista? Santa giornata Alzati, prendi con te il Bambino e sua Madre e fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò perché Erode sta cercando il Bambino per ucciderlo. Giuseppe prese con sé il Bambino sua Madre nella notte fuggi in Egitto Mt. 2,13-14
E' un Angelo che, nel testo di Matteo, comunica a Giuseppe il piano di Dio per sottrarre il Bambino Gesù dalla gelosia, dall'invidia e dalla rabbia di Erode. "Alzati" "prendi" "fuggi": tre verbi che avrebbero potuto suscitare paura di ogni genere. Invece la decisione di Giuseppe è immediata. Il Bambino e Sua Madre sono da Lui accompagnati in Egitto. Che fosse tutto tranne che un viaggio piacevole è di un'evidenza indiscutibile. Matteo non offre descrizioni né dei luoghi né dello stato d'animo dei TRE Viaggiatori; ma ci lascia cogliere la pienezza di un "si" senza "se" e senza "ma". Chiediamo a San Giuseppe che ci insegni l'obbedienza a Dio, certi - come era Lui- che la fede è umilissima fiducia in Dio. Santa giornata Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione Lc 2,22-40
"Simeone dice tre parole immense su Gesù: egli è qui come caduta, risurrezione, come segno di contraddizione. Gesù come caduta. Caduta dei nostri piccoli o grandi idoli, rovina del nostro mondo di maschere e bugie, della vita insufficiente e malata. Venuto a rovinare tutto ciò che rovina l'uomo, a portare spada e fuoco per tagliare e bruciare ciò che è contro l'umano. Egli è qui per la risurrezione: è la forza che ti fa rialzare quando credi che per te è finita, che ti fa partire anche se hai il vuoto dentro e il nero davanti agli occhi. È qui e assicura che vivere è l'infinita pazienza di ricominciare. Cristo contraddizione del nostro illusorio equilibrio tra il dare e l'avere; che contraddice tutta la mia mediocrità, tutte le mie idee sbagliate su Dio. Caduta, risurrezione contraddizione. Tre parole che danno respiro e movimento alla vita, con dentro il luminoso potere di far vedere che tutte le cose sono ormai abitate da un oltre" (p. E. Ronchi) Caduta, risurrezione contraddizione: tre parole che faccio entrare nel mio cuore . Che accade? Santa Domenica Omelia Santo Stefano 26 dicembre 2020
Chi è Stefano? Stefano era il capo della sinagoga di Gerusalemme. E' stato compagno di Paolo, prima della sua conversione, alla scuola del maestro Gamaliele. Subito dopo la morte e risurrezione di Gesù, Stefano accoglie l'annuncio del Vangelo, riconosce in Gesù il compimento delle promesse dell'Antico Israele e dà la vita per lui. Questa mattina desideriamo ritornare alla mangiatoia di Betlemme e contemplare Gesù e ci chiediamo: Cosa sono diposto a donare di mio per Gesù? La risposta a questa domanda la troviamo nelle bellissime parole che, Papa Francesco, ha pronunciato nell'omelia della Messa della vigilia di Natale:(Basilica san Pitero 24 dicembre 2020) "Ci è stato dato un figlio. Nella povera mangiatoia di una buia stalla c’è proprio il Figlio di Dio. Sorge un’altra domanda: perché è venuto alla luce nella notte, senza un alloggio degno, nella povertà e nel rifiuto, quando meritava di nascere come il più grande re nel più bello dei palazzi? Perché? Per farci capire fino a dove ama la nostra condizione umana: fino a toccare con il suo amore concreto la nostra peggiore miseria. Il Figlio di Dio è nato scartato per dirci che ogni scartato è figlio di Dio. È venuto al mondo come viene al mondo un bimbo, debole e fragile, perché noi possiamo accogliere con tenerezza le nostre fragilità. E scoprire una cosa importante: come a Betlemme, così anche con noi Dio ama fare grandi cose attraverso le nostre povertà. Ha messo tutta la nostra salvezza nella mangiatoia di una stalla e non teme le nostre povertà: lasciamo che la sua misericordia trasformi le nostre miserie!Ecco che cosa vuol dire che un figlio è nato per noi. Ma c’è ancora un per, che l’angelo dice ai pastori: «Questo per voi il segno: un bambino adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12). Questo segno, il Bambino nella mangiatoia, è anche per noi, per orientarci nella vita. A Betlemme, che significa “Casa del pane”, Dio sta in una mangiatoia, come a ricordarci che per vivere abbiamo bisogno di Lui come del pane da mangiare. Abbiamo bisogno di lasciarci attraversare dal suo amore gratuito, instancabile, concreto. Quante volte invece, affamati di divertimento, successo e mondanità, alimentiamo la vita con cibi che non sfamano e lasciano il vuoto dentro! Il Signore, per bocca del profeta Isaia, si lamentava che, mentre il bue e l’asino conoscono la loro mangiatoia, noi, suo popolo, non conosciamo Lui, fonte della nostra vita (cfr Is 1,2-3). È vero: insaziabili di avere, ci buttiamo in tante mangiatoie di vanità, scordando la mangiatoia di Betlemme. Quella mangiatoia, povera di tutto e ricca di amore, insegna che il nutrimento della vita è lasciarci amare da Dio e amare gli altri. Gesù ci dà l’esempio: Lui, il Verbo di Dio, è infante; non parla, ma offre la vita. Noi invece parliamo molto, ma siamo spesso analfabeti di bontà. Ci è stato dato un figlio. Chi ha un bimbo piccolo, sa quanto amore e quanta pazienza ci vogliono. Occorre nutrirlo, accudirlo, pulirlo, prendersi cura della sua fragilità e dei suoi bisogni, spesso difficili da comprendere. Un figlio fa sentire amati, ma insegna anche ad amare. Dio è nato bambino per spingerci ad avere cura degli altri. Il suo tenero pianto ci fa capire quanto sono inutili tanti nostri capricci; e ne abbiamo tanti! Il suo amore disarmato e disarmante ci ricorda che il tempo che abbiamo non serve a piangerci addosso, ma a consolare le lacrime di chi soffre. Dio prende dimora vicino a noi, povero e bisognoso, per dirci che servendo i poveri ameremo Lui. Da stanotte, come scrisse una poetessa, «la residenza di Dio è accanto alla mia. L’arredo è l’amore» (E. Dickinson, Poems, XVII). Ci è stato dato un figlio. Sei Tu, Gesù, il Figlio che mi rende figlio. Tu mi ami come sono, non come mi sogno di essere; io lo so! Abbracciando Te, Bambino della mangiatoia, riabbraccio la mia vita. Accogliendo Te, Pane di vita, anch’io voglio donare la mia vita. Tu che mi salvi, insegnami a servire. Tu che non mi lasci solo, aiutami a consolare ..." Santo Natale a tutti VI RIPORTO L'OMELIA/RACCONTO CHE HO TENUTO IERI SERA NELLA MESSA DELLE NOTTE
24 dicembre 2020 omelia S. Messa nella notte di Natale Buona sera. Mi presento, sono L’INCANTATO. Sono una statuina del presepe. Di mestiere faccio il pastore e sono l’unico che, alla grotta di Betlemme non porta nulla. Sto davanti al bambino Gesù con la bocca spalancata e gli occhi sorpresi e meravigliati. Il mio mondo è da sempre il presepe. Lì c’è Maria, ragazza adolescente che si dona a Dio e si fida totalmente della sua Parola. C’è Giuseppe, il falegname di Nazareth, paziente, fedele, aperto all’irrazionalità del sogno di Dio e ne diventa il custode e realizzatore. Poi c’è la stella, il canto degli angeli e tanta gente che si muove verso la mangiatoia. In questi anni di presepio mi sono sempre chiesto: “Fuori da qui, cosa ci sarà?”. Quest’anno, allora, ho deciso di uscire dallo scatolone e, invece di recarmi nel presepe, mi sono buttato nel vostro mondo, sulle vostre strade. La prima impressione che ho avuto è questa: parlare a voi di stupore e meraviglia è un impresa titanica. Siete diventati una società produttiva e concreta, con piedi per terra e testa bassa, dove per meravigliarvi, incantarvi e stupirvi non avete più tempo. Forse non sapete nemmeno più come si fa. Tra l’altro ho notato che persino i bambini, oggi nel 2020, faticano a nutrire sogni, a giocare con un po’ di fantasia e a stupirsi, a meno che non sia memorizzata sul cellulare. Passeggiando per le vostre strade incontro TRISTEZZA con sua sorella PAURA e il loro fratello SCONFORTO. Escono dalle case, scendono in strada, vanno nelle corsie degli ospedali, nelle aule scolastiche e nei posti di lavoro. Natale arriva in un momento duro e difficile. Si fermano, mi guardano silenziose, e seccamente mi dicono: “Che centra il tuo Natale col nostro dolore?”. E proseguono la loro strada, con la bocca chiusa e gli occhi bassi, convinte che nulla abbia più senso oramai. Mentre le guardo allontanarsi, vedo passare, davanti a me, come una freccia, signorina FRENESIA. Io, abituato a stare sempre fermo, mi spavento davanti alla sua corsa. Frenesia mi sembra un abituè del vostro mondo. Corre veloce e non si accorge di niente e di nessuno. Lei deve preparare, organizzare, fare, disfare, produrre, comprare, competere e inseguire. Corre di qua e di la. Non sta ferma un attimo. Io sono convinto che quando, Frenesia, arriva alla sera, non sa nemmeno cosa ha fatto o chi ha incontrato durante la giornata. Provo a dirle: “Frenesia perché non ti fermi un attimo e ti chiedi dove stai andando?”…. ma è troppo veloce e non mi sente. Sono stanco. Devo dire che, girando nel vostro mondo, rimango sempre l’Incantato, ma, ora, il mio stupore è qualcosa di attonito e di inquieto. Mi siedo, n piazza, vicino all’albero di Natale. Sono circondato da tante luci e vedo, d’un tratto, passare davanti a me signora ABITUDINE. Ha il volto annoiato. Ha svuotato di senso il Natale. Non sa quando l’ha fatto o perché, ma le è capitato, e a un certo momento il Natale si è presentato a lei vuoto di significato. Cosa ha fatto? Ha provato a riempirlo. Di cosa? Di luci, immagini, regali, panettoni e brindisi ma il Natale è rimasto vuoto. Ogni anno, per Abitudine, Natale viene se ne va e se ne aspetta un’altro. Vedendovi mi viene nostalgia della mia Betlemme. Vedo che vi manca l’Essenziale, lo stupore, il silenzio, l’esserci per…. Vi manca la speranza e la fiducia. So che non posso donarveli io, ma vi porto dove io li ho trovati: alla grotta di Betlemme. Lì io ho incontrato l’Amore di Dio! Venite con me, TRISTEZZA, PAURA E SCONFORTO, mettete le vostre lacrime, il vostro dolore nel cuore di Gesù e sorgeranno in voi la Sua speranza, il Suo coraggio, la Sua forza! Vieni con me signorina FRENESIA. Sono convinto, che lì davanti al Bambino di Betlemme, potrai finalmente fermarti e ritrovare il senso dello stupore e della contemplazione. ABITUDINE vieni anche tu! Davanti a Dio riempirai il tuo vuoto. Comprenderai la bellezza della fragilità, dell’umiltà e del dono gratuito: questo è l’unico Natale di Gesù! Venite con me tutti voi. Sopra la Capanna ci sono degli ANGELI. Vi invito a pensare, stanotte, a tutti gli “angeli della terra” presenti nella vostra vita. Persone che camminano la vita. Angeli imperfetti e senza ali, m concreti nell’amare. Angeli fragili, con le stesse paure e altro dolore, ma che vi stanno accanto e vi scaldano il cuore. Angeli capaci di ascoltare, piangere, sorridere e stare in silenzio. Angeli umani di vera umanità! Che bello poter essere tutti angeli di terra così Vi auguro un Natale coraggioso dell’Amore di Dio. vi abbraccio e vi voglio bene Vostro l’Incantato Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi . Gv 1,1-18
Verbo di Dio, non ti chiediamo altro se non la docilità al tuo progetto di salvezza. Non vogliamo contemplare altro che te, Bambino in una mangiatoia, capace di dare nuovi lineamenti alla nostra umanità e di rinnovare nei nostri cuori l’amore per una vita vissuta in Grazia di Dio e sui passi del Vangelo. Oggi, Bambino Gesù sei il nostro futuro perché sei la nostra salvezza ! Un santo Natale Ecco io manderò un mio messaggero a preparar la via davanti a me. Ml 3,1-4.23-24
“Si tratta di capire di quale tipo è la nostra forza è la nostra vittoria nel periodo presente della storia di questo mondo (...) Per imparare ancora una volta ad amare e a servire come Lui ha amato e servito e ritrovare quella semplicità e scioltezza con cui la Chiesa degli apostoli, piccolo gruppo insignificante , ha affrontato il colosso della cultura del proprio tempo senza complessi, affidandosi alla forza e alla gioia del Vangelo” (card Martini) Santa novena del Natale Maria disse : L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore perché ... Lc 1,46-45
Verbo di Dio,sei tu il bacio con cui il Padre visita la nostra umanità e ci introduce nella casa del perdono e della festa . Tu sei abbraccio ricevuto , donaci la gioia e la semplicità di essere, con la nostra presenza, abbraccio offerto che riscatti ogni solitudine e appiani ogni memoria di tristi abbandoni Ora l'amato mio prende a dirmi:«Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!
Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia, se n'è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. (Ct 2,8-14) “Non basta tirare avanti, aspettare che passi la pandemia, siamo chiamati a correre con perseveranza nella corsa che ci sta davanti tenendo fisso lo sguardo su Gesù. Non basta essere brava gente, ci vogliono santi, uomini e donne che vivono come tutti, ma sono amici di Dio, uomini e donne che non nascondono di essere peccatori, di avere dei difetti, ma che sono in cammino per diventare santi e lo desiderano con tutto il cuore. Non basta andare a Betlemme, si deve andare fino alla città santa, la Gerusalemme nuova. A essere realisti non è che, a Natale, nasce un’altra volta Gesù, ma forse può nascere in noi l’umanità nuova che può farsi carico di scrivere una storia nuova” (M Delpini Arcivescovo di Milano) “Ci vogliono santi “: sono in cammino per diventare santo? Santa novena A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo (Lc 1,26-38)
“Maria non dice subito di sì, la sua risposta passa attraverso il turbamento e la fatica.Mi affascina questo aspetto perché ci svela che Maria si turba, si inquieta, si sgomenta e Luca fotografa abilmente questo snodo decisivo nella vita della giovane Maria lo. Mi piace sottolineare questo passaggio, perché ci ricorda che le richieste di Dio espongono allo sbaraglio, ribaltano, inquietano. Maria si lascia turbare dalla parola dell'angelo, si lascia mettere in discussione. Non risponde subito, di getto, ma rimane in silenzio, si chiede il senso di quel saluto, di quell'invito alla gioia e interroga sul come - e non sul perché - sarà possibile quello che l'angelo le chiede. Tutto questo è importantissimo anche per noi. Siamo capaci di esporci, di lasciarci turbare dalla Parola, di sperimentare una disponibilità senza tenere tutto sotto controllo, di abbassare le difese e lasciare che la Parola ci apra nuove e insospettabili prospettive? In Questo tempo di attesa la Parola ha potuto trovare uno spazio, un angolo di cuore pronto ad accogliere senza calcoli e senza mappature l'azione imprevedibile dello Spirito?” (Don Roberto S) Santa domenica |