Mc 1,7-11
Gesù, oggi, esce dalle acque del fiume Giordano e il Padre attesta che è lui il Messia, il Figlio di Dio! Oggi viene chiamato in causa il nostro Battesimo, la nostra Cresima, il nostro essere Cristiani . Che Cristiani siamo ? Che temperatura d’amore , di fede e di coerenza al Vangelo esprimiamo nella nostra vita? Annunciamo con passione Gesù agli altri? Siamo credenti credibili? La nostra vita è coerente con quello che dice Gesù? Dobbiamo prendere sul serio il Signore e la sua dottrina, quello che lui ci dice e insegna. Essere figli di Dio significa cercare con umiltà e coraggio di fare gli interessi di Gesù Cristo , di essere segnaletiche stradali che portano al Signore Cerchiamo, amici miei, di conoscere di più il Signore e di accettarlo con la forza della sua parola Santa domenica del Battesimo del Signore ! Riscopriamo la bellezza, la gioia di essere di Dio! “𝐵𝑒𝑛𝑒𝑑𝑖𝑟𝑒 𝑠𝑖𝑔𝑛𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑒𝑟𝑒 𝑙’𝑜𝑝𝑒𝑟𝑎 𝑑𝑖 𝐷𝑖𝑜 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑑𝑖 𝑐ℎ𝑖 𝑐𝑖 𝑠𝑡𝑎 𝑎𝑐𝑐𝑎𝑛𝑡𝑜. 𝐵𝑒𝑛𝑒𝑑𝑖𝑟𝑒 𝑠𝑖𝑔𝑛𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑒𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝐷𝑖𝑜 𝑛𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑖. 𝐿𝑎 𝑏𝑒𝑛𝑒𝑑𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑢𝑠𝑡𝑜𝑑𝑖𝑎. 𝑃𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒́ 𝑠𝑒 𝑡𝑢 𝑏𝑒𝑛𝑒𝑑𝑖𝑐𝑖 𝑣𝑢𝑜𝑙 𝑑𝑖𝑟𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑡𝑢 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑐𝑢𝑠𝑡𝑜𝑑𝑒, 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜, 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑡𝑎𝑖 𝑏𝑒𝑛𝑒𝑑𝑖𝑐𝑒𝑛𝑑𝑜, 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑡𝑢𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑖.” (Don Mimmo Battaglia, vescovo eletto di Napoli)
Cerco di essere “la benedizione di Dio” per la mia famiglia, per la Chiesa, la parrocchia, dove lavoro o studio , dove trascorro il mio tempo ? Santa giornata “𝑇𝑟𝑜𝑝𝑝𝑒 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑓𝑖𝑠𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑜 𝑠𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑜 𝑠𝑢𝑙 𝑏𝑢𝑖𝑜, 𝑠𝑢 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑖 𝑠𝑝𝑎𝑣𝑒𝑛𝑡𝑎, 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑒 𝑝𝑎𝑢𝑟𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑖 𝑝𝑜𝑟𝑡𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑑𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜, 𝑒 𝑚𝑜𝑙𝑡𝑜 𝑚𝑒𝑛𝑜 𝑖𝑛𝑣𝑒𝑐𝑒 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑝𝑒𝑟𝑎𝑛𝑧𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑏𝑖𝑡𝑎 𝑖𝑙 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑜 𝑐𝑢𝑜𝑟𝑒, 𝑠𝑢 𝑞𝑢𝑒𝑖 𝑠𝑒𝑔𝑛𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑟𝑒𝑡𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑖 𝑝𝑒𝑟𝑚𝑒𝑡𝑡𝑜𝑛𝑜 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑎𝑙𝑧𝑎𝑟𝑐𝑖, 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑝𝑟𝑒𝑛𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑐𝑎𝑚𝑚𝑖𝑛𝑜 𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑛𝑑𝑎𝑟𝑒 𝑎𝑣𝑎𝑛𝑡𝑖, 𝑛𝑜𝑛𝑜𝑠𝑡𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜. 𝑆𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒 𝑐ℎ𝑖𝑎𝑚𝑎𝑡𝑖 𝑎 𝑝𝑜𝑟𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑎 𝑎𝑡𝑡𝑒𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑠𝑢𝑖 𝑠𝑒𝑔𝑛𝑖 𝑑𝑖 𝑠𝑝𝑒𝑟𝑎𝑛𝑧𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑛𝑒𝑙 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑜 𝑐𝑢𝑜𝑟𝑒 𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎. 𝐶𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑒 𝑐𝑖 𝑠𝑎𝑟𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒.” ( mons Mimmo Battaglia vescovo eletto di Napoli)
So vedere i segni di speranza che Dio semina nella mia vita? Santa giornata Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci» Mc 6,33-44
Gesù ci insegna , in questo brano, che ci realizziamo pienamente come Cristiani solo donandoci. Mi chiedo : la mia “carità” è solo un tendere la mano verso il portafoglio per dare una moneta, ritirando con sussiego tutto il resto, e togliendomi “l inconveniente” acquietando la coscienza , oppure provo a fare dono di me ... a lasciare che il pensiero dell'altro mi prenda e mi faccia dimenticare di me stesso? “Non fare gran caso se uno è per te o contro di te, ma preoccupati piuttosto che Dio sia con te in tutto quello che fai” (dall'Imitazione di Cristo ) Santa giornata EPIFANIA DEL SIGNORE 2021
Seguiamo il camino dei Magi, raccontato dall’evangelista Matteo, e cerchiamo di comprenderne l’insegnamento che dona Dio: 1. “Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo” Primo insegnamento: non sono i Magi che corrono per primi, ma è la stella che li chiama e li guida a Betlemme. Dopo la stella c’è l’ascolto, nella corte di Erode, dei testi della Sacra Scrittura che indicano loro cosa fare. Nella vita dei Magi scorgiamo il primato della Parola di Dio e dell’iniziativa del Signore. La stella è la voce interiore, la voce dello Spirito Santo, come se avesse detto ai Magi: “Alzatevi, muovetevi, prendete il largo”. La voce di Dio li mette in cammino, e mette nel loro cuore il desiderio di conoscere la verità, di una ricerca del Signore che porti a vivere un’esistenza autentica. E’ bello notare che i Magi non si fermano nella casa di Betlemme, ma proseguono un altro cammino. La casa di Betlemme, per loro, non è un punto di arrivo ma di partenza, non è uno stop ma la ripresa, in un mondo nuovo , del cammino. Io? Sono cercatore di Dio? È Dio che per primo ci cerca per insegnarci come cercarlo e trovarlo. Credo all’iniziativa di Dio nella mia vita?Una volta trovato Gesù mi sono fermato lì o è continuato il mio cammino? Mi sono fermato al catechismo, alla cresima o sta proseguendo il mio cammino di ricerca, di abbondo a Dio, di “approfondimento” delle fede”? 2. Per un altra strada fecero ritorno al loro paese. Secondo insegnamento. Non cedo che Matteo ci dia questa indicazione solo per dirci che cambiano strada per non incontrare nuovamente Erode. Io credo che quel “per un’altra strada” indichi un cambiamento di cuore e di vita. Come dire: “In un altro modo di essere, tornarono a casa”. L’Incarnazione ci dice con forza che abbiamo bisogno di essere prima amati da Dio, di essere certi del suo amore perdonante per poter poi diventare buoni. Se siamo onesti constatiamo come fatichiamo ad amare sul serio e per primi. Basta guardare le guerre e l’odio. Ma anche il nostro quotidiano, le piccole cattiverie, liti, parole brutte e gesti brutti che segnano la vita nelle famiglie, sul lavoro, in ogni realtà di ogni giorno. Tutti i pensieri, parole che ci diciamo solo a noi, ma che sono magari malignità o giudizi pesanti sugli altri o chiusure ci dicono che è difficile essere buoni da soli. Il dono dell’amore di Dio, gratuito e grande, il suo amarci per primo, ci mette nella luce e nella gioia, ci dona coraggio di camminare e resistere anche nelle situazioni pesanti e difficili, ci da forza nel fare il primo passo verso gli altri e fino al misterioso gesto che si chiama prendono. Ci aiuta a guarde con umiltà e coraggio il nostro cuore e a migliorarci. Io mi sento buono oppure ho bisogno dell’amore di Dio per esserlo? Mi servono questi due insegnamenti? Il giorno dopo, Giovanni stava di nuovo in piedi con due dei suoi discepoli, e, fissando lo sguardo su Gesù che camminava, disse: GUARDATE L'AGNELLO DI DIO. ASCOLTATE LE SUE PAROLE, I DUE DISCEPOLI SEGUIRONO GESU'. Gv 1,35-37
Il Santo Curato d'Ars incontrava spesso, in Chiesa, un semplice contadino della sua Parrocchia. Inginocchiato davanti al Tabernacolo, il brav'uomo rimaneva per ore immobile, senza muovere le labbra.Un giorno, il Parroco gli chiese:"Cosa fai qui così a lungo?"."Semplicissimo. Egli guarda me ed io guardo Lui". E' semplicissima la fede, sI può riassumere in due gesti: Guardare, (contemplare, gustare) l'Eucaristia e ascoltare in piedi (pronti a viverla) la Parola di Dio. Il resto lo fa il Signore Santa giornata Lc 2 22-35
"Non era facile riconoscere il figlio di Dio sotto le sembianze di un povero bambino, ma Simeone non ebbe alcun problema. E così mi viene in mente quante volte, invece, per noi è un problema riconoscere la sua presenza. Quante volte ci lamentiamo dicendo che Dio è assente, che non ci ascolta, che non ci risponde. L'attesa che Dio si manifesti non può e non deve mai diventare motivo di dubbio o incertezza. Dio non ci lascia mai soli, neppure per un istante" (don Marco S). Quando ho riconosciuto la presenza di Dio nella mia vita? Mi rende felice riconoscere la presenza di Dio nella mia vita? Sono felice che Dio esista? Santa giornata Alzati, prendi con te il Bambino e sua Madre e fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò perché Erode sta cercando il Bambino per ucciderlo. Giuseppe prese con sé il Bambino sua Madre nella notte fuggi in Egitto Mt. 2,13-14
E' un Angelo che, nel testo di Matteo, comunica a Giuseppe il piano di Dio per sottrarre il Bambino Gesù dalla gelosia, dall'invidia e dalla rabbia di Erode. "Alzati" "prendi" "fuggi": tre verbi che avrebbero potuto suscitare paura di ogni genere. Invece la decisione di Giuseppe è immediata. Il Bambino e Sua Madre sono da Lui accompagnati in Egitto. Che fosse tutto tranne che un viaggio piacevole è di un'evidenza indiscutibile. Matteo non offre descrizioni né dei luoghi né dello stato d'animo dei TRE Viaggiatori; ma ci lascia cogliere la pienezza di un "si" senza "se" e senza "ma". Chiediamo a San Giuseppe che ci insegni l'obbedienza a Dio, certi - come era Lui- che la fede è umilissima fiducia in Dio. Santa giornata Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione Lc 2,22-40
"Simeone dice tre parole immense su Gesù: egli è qui come caduta, risurrezione, come segno di contraddizione. Gesù come caduta. Caduta dei nostri piccoli o grandi idoli, rovina del nostro mondo di maschere e bugie, della vita insufficiente e malata. Venuto a rovinare tutto ciò che rovina l'uomo, a portare spada e fuoco per tagliare e bruciare ciò che è contro l'umano. Egli è qui per la risurrezione: è la forza che ti fa rialzare quando credi che per te è finita, che ti fa partire anche se hai il vuoto dentro e il nero davanti agli occhi. È qui e assicura che vivere è l'infinita pazienza di ricominciare. Cristo contraddizione del nostro illusorio equilibrio tra il dare e l'avere; che contraddice tutta la mia mediocrità, tutte le mie idee sbagliate su Dio. Caduta, risurrezione contraddizione. Tre parole che danno respiro e movimento alla vita, con dentro il luminoso potere di far vedere che tutte le cose sono ormai abitate da un oltre" (p. E. Ronchi) Caduta, risurrezione contraddizione: tre parole che faccio entrare nel mio cuore . Che accade? Santa Domenica Omelia Santo Stefano 26 dicembre 2020
Chi è Stefano? Stefano era il capo della sinagoga di Gerusalemme. E' stato compagno di Paolo, prima della sua conversione, alla scuola del maestro Gamaliele. Subito dopo la morte e risurrezione di Gesù, Stefano accoglie l'annuncio del Vangelo, riconosce in Gesù il compimento delle promesse dell'Antico Israele e dà la vita per lui. Questa mattina desideriamo ritornare alla mangiatoia di Betlemme e contemplare Gesù e ci chiediamo: Cosa sono diposto a donare di mio per Gesù? La risposta a questa domanda la troviamo nelle bellissime parole che, Papa Francesco, ha pronunciato nell'omelia della Messa della vigilia di Natale:(Basilica san Pitero 24 dicembre 2020) "Ci è stato dato un figlio. Nella povera mangiatoia di una buia stalla c’è proprio il Figlio di Dio. Sorge un’altra domanda: perché è venuto alla luce nella notte, senza un alloggio degno, nella povertà e nel rifiuto, quando meritava di nascere come il più grande re nel più bello dei palazzi? Perché? Per farci capire fino a dove ama la nostra condizione umana: fino a toccare con il suo amore concreto la nostra peggiore miseria. Il Figlio di Dio è nato scartato per dirci che ogni scartato è figlio di Dio. È venuto al mondo come viene al mondo un bimbo, debole e fragile, perché noi possiamo accogliere con tenerezza le nostre fragilità. E scoprire una cosa importante: come a Betlemme, così anche con noi Dio ama fare grandi cose attraverso le nostre povertà. Ha messo tutta la nostra salvezza nella mangiatoia di una stalla e non teme le nostre povertà: lasciamo che la sua misericordia trasformi le nostre miserie!Ecco che cosa vuol dire che un figlio è nato per noi. Ma c’è ancora un per, che l’angelo dice ai pastori: «Questo per voi il segno: un bambino adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12). Questo segno, il Bambino nella mangiatoia, è anche per noi, per orientarci nella vita. A Betlemme, che significa “Casa del pane”, Dio sta in una mangiatoia, come a ricordarci che per vivere abbiamo bisogno di Lui come del pane da mangiare. Abbiamo bisogno di lasciarci attraversare dal suo amore gratuito, instancabile, concreto. Quante volte invece, affamati di divertimento, successo e mondanità, alimentiamo la vita con cibi che non sfamano e lasciano il vuoto dentro! Il Signore, per bocca del profeta Isaia, si lamentava che, mentre il bue e l’asino conoscono la loro mangiatoia, noi, suo popolo, non conosciamo Lui, fonte della nostra vita (cfr Is 1,2-3). È vero: insaziabili di avere, ci buttiamo in tante mangiatoie di vanità, scordando la mangiatoia di Betlemme. Quella mangiatoia, povera di tutto e ricca di amore, insegna che il nutrimento della vita è lasciarci amare da Dio e amare gli altri. Gesù ci dà l’esempio: Lui, il Verbo di Dio, è infante; non parla, ma offre la vita. Noi invece parliamo molto, ma siamo spesso analfabeti di bontà. Ci è stato dato un figlio. Chi ha un bimbo piccolo, sa quanto amore e quanta pazienza ci vogliono. Occorre nutrirlo, accudirlo, pulirlo, prendersi cura della sua fragilità e dei suoi bisogni, spesso difficili da comprendere. Un figlio fa sentire amati, ma insegna anche ad amare. Dio è nato bambino per spingerci ad avere cura degli altri. Il suo tenero pianto ci fa capire quanto sono inutili tanti nostri capricci; e ne abbiamo tanti! Il suo amore disarmato e disarmante ci ricorda che il tempo che abbiamo non serve a piangerci addosso, ma a consolare le lacrime di chi soffre. Dio prende dimora vicino a noi, povero e bisognoso, per dirci che servendo i poveri ameremo Lui. Da stanotte, come scrisse una poetessa, «la residenza di Dio è accanto alla mia. L’arredo è l’amore» (E. Dickinson, Poems, XVII). Ci è stato dato un figlio. Sei Tu, Gesù, il Figlio che mi rende figlio. Tu mi ami come sono, non come mi sogno di essere; io lo so! Abbracciando Te, Bambino della mangiatoia, riabbraccio la mia vita. Accogliendo Te, Pane di vita, anch’io voglio donare la mia vita. Tu che mi salvi, insegnami a servire. Tu che non mi lasci solo, aiutami a consolare ..." Santo Natale a tutti |